giovedì 19 marzo 2015

A mio Padre


Da bambino tuo padre è l'uomo più forte del mondo, in sua presenza ti senti al sicuro. Un padre ti protegge, ti insegna, ti spiega, ti rende più forte. Poi cresci e finisci inevitabilmente per litigarci, per scontrarti, si finisce sempre, almeno un po', per non capirsi. Poi cresci ancora e in fondo tuo padre ritorna per te quello che era da piccolo. E almeno un po' tu diventi per lui quello che lui era per te da piccolo. Perché un genitore invecchia, mentre tu cresci. E ti accorgi che il tempo passa quando non è più tuo padre a mettere da parte il pezzo migliore della torta per te, ma al contrario sei tu a inventare scuse per lasciare a lui l'ultima porzione di gelato. Un padre, un genitore, è una cosa preziosa. Mio padre è una guida preziosa.
Quand'ero bambino in sua presenza la paura spariva. Quando c'era papà il mondo non poteva mai far paura. Era una fonte inesauribile di informazioni, anche se quando chiedevo una storia o una barzelletta raccontava sempre quelle uniche due che ricordava. Ma mi piaceva lo stesso ascoltarlo all'infinito.
Ricordo di un amico, al liceo, che mi confidò di avere dei problemi di una certa rilevanza e di essere seriamente preoccupato. Io gli chiesi se ne avesse parlato con suo padre e fu per me uno schock quando lui mi rispose che non poteva farlo perché il padre non era in grado di aiutarlo e anzi sarebbe stato male al solo venire a conoscenza dei suoi problemi. Io avevo sempre dato per scontato mio padre. La sua presenza accanto a me era una cosa ovvia, banale. Era la prima e unica persona a cui mi sarei mai rivolto in caso di problemi importanti. L'idea che qualcuno non potesse fare affidamento sul proprio padre mi era completamente aliena.
Mi resi conto di quanto ero stato fino ad allora incredibilmente fortunato ad avere un padre in grado di aiutarmi anche solo con la sua presenza silenziosa.
Con un padre si litiga, si discute, ci si urla anche in faccia. E poi si sta male in due. Sto male io all'idea di averlo ferito, all'idea che non si riesca a comprendersi reciprocamente. E sta male lui, chiedendosi perché quel figlio sia così stupidamente testardo. E poi ci si riabbraccia, e magari ci si prende in giro. Perché un padre è sempre un padre. E un figlio è sempre un figlio.
Un padre non è perfetto. Un padre è un uomo, con pregi e difetti, vizi e virtù. Puoi metterli su di una bilancia se vuoi, ma non è da questo che si giudica un uomo. Forse un uomo si giudica anche da quello che ti insegna semplicemente standogli accanto. Ho visto mio padre insegnarmi a diffidare del prossimo, a prendere le distanze, a temere il male. L'ho sentito spesso mettermi in guardia. Ma ho visto mio padre trattare con umanità il prossimo, a prescindere dalla sua origine, dalla sua razza (o meglio etnia), dalla sua istruzione. Ho sentito innumerevoli uomini e donne parlare di mio padre con grande rispetto. Non il rispetto che deriva dalla paura e dall'ammirazione per l'uomo di successo, ma il rispetto per l'uomo che pur nelle difficoltà rimane signore, per l'uomo che tratta il suo prossimo con umanità e giustizia, con dignità. Per l'uomo che non abusa del suo potere ma che lo usa per fare del bene.
Ho scoperto in mio padre un uomo dalla infinità bontà che le avversità della vita hanno scalfito, ma non annientato.
Ho visto mio padre confondersi e preoccuparsi per la mia piccola sciocchezza. Ma ho scoperto in lui un uomo che pur non essendo più un giovane bersagliere sa far fronte alle difficoltà con prontezza giovanile.
Papà non è stato un caso se quella sera prima di svenire ho cercato proprio te. Sapevo che, anche se spesso ti lasci prendere dal panico per la minima sciocchezza, sei la persona giusta a cui rivolgersi nei momenti che contano davvero.
Alle volte penso che questi ventisette anni in tua compagnia siano una sorta di regalo. Un regalo che mi hai fatto tu con la tua capacità di far fronte alle avversità, un regalo che mi ha fatto mamma standoti accanto nei momenti più difficili. Un regalo che mi hanno fatto quelle persone che sono accorse nel momento del bisogno e che erano lì per la stima e l'affetto nei confronti tuoi, prova vivente che è pur vero che chi semina bene alla lunga qualcosa raccoglie.
Mi chiedo se riesco a farti capire quanto importante tu sia per me. Mi chiedo se riesco a farti capire quanto grande è il mio affetto nei tuoi confronti. Quanto immensa sia la mia stima nei tuoi confronti. Spero che questa piccola lettera possa darti un'idea della tua importanza nella mia vita.

Come sarò ricordato dai miei figli? Ecco la vera misura di un uomo. (Abulurd Harkonnen - Frank Herbert)
Se rileggo queste parole non posso fare a meno di pensare che mi riterrò un uomo immensamente fortunato se un giorno mio figlio proverà nei miei confronti anche solo la metà della stima che io provo per mio padre.

Credo sia una grande fortuna per un figlio poter essere orgoglioso del proprio padre. I genitori non li scegli, prendi quelli che la vita sceglie per te. Io sono stato fortunato. È un privilegio essere tuo figlio, grazie papà.



mercoledì 11 marzo 2015

Critica, cultura e tempo libero

Quante volte vi siete chiesti perché i critici sono sempre così pronti a stroncare un film? Quante volte avete ascoltato una canzone piacevole subito distrutta dal primo esperto di turno che la considera sciatta e banale? Quante volte avete odiate quell'intellettualoide da strapazzo che ha criticato aspramente la vostra saga letteraria preferita definendola il prodotto idiota di un ragazzino convinto che basti scrivere due scene d'azione per essere pubblicato?
Che problema hanno questi esperti? Perché non possono semplicemente godersi la bellezza di un film che faccia ridere senza mettersi per forza a criticare l'assenza di profondità? Oppure perché non possono lasciar leggere i pace i propri figli invece di vietare Harry Potter perché la storia è banalotta e c'è di meglio?
Se dovessi provare a darvi una risposta allora identificherei il problema nell'esperienza.
Fermi tutti, prima di fare quelle facce perplesse e chiudere la pagina datemi almeno il tempo di spiegare.
Un'esperienza nuova ha sempre qualcosa di diverso rispetto all'abitudine.Se siete abituati a passare tutti i pomeriggi al lavoro quell'unico pomeriggio in casa vi sembrerà il paradiso. Al contrario se siete bloccati dentro casa per una convalescenza il primo pomeriggio di lavoro vi darà probabilmente l'impressione di essere rinati.
Lo stesso vale con i film, i libri, le canzoni. Oggi trovate molto più difficile apprezzare un film perché la vostra mente subito si ricollega ai ricordi passati e cominciate con i paragoni, finendo magari per concludere che il film che avete appena visto è carino, ma non esattamente originale.
La vostra reazione a uno stimolo è ovviamente legata alle vostre esperienze, la prima volta al mare sarete probabilmente rimasti stupefatti di non trovare nulla che limitasse il vostro orizzonte, ma se lo vedete ogni mattina mentre andate al lavoro finirete per non notarlo. Magari se invece, come capita a me, siete lontani dal mare undici mesi l'anno quel mese in cui avete la possibilità di ammirarlo ritorna un po' come la prima volta.
Quello che spesso i critici dimenticano è che un'opera artistica (categoria che vale tanto per un dipinto di Giotto quanto per un film di Ficarra & Picone) è qualcosa di estremamente soggettivo e va a toccare delle corde personali che variano da individuo a individuo. Alcune sono se non proprio identificabili quantomeno ci permettono di identificare delle categorie. Così sappiamo che le persone reagiscono diversamente di fronte a una forma di espressione artistica in base al livello culturale, alle loro esperienze, anche in relazione alle idee politiche (pensate a un film "impegnato" o ad una canzone di Guccini).
Per cui stroncare un libro solo perché è scritto con uno stile "ridicolo" può essere superficiale e si rischia di restare stupefatti nello scoprire che lo stesso libro ha avuto un successo enorme fra il pubblico semplicemente perché ci si è dimenticati che la raffinatezza di uno stile non è percepibile allo stesso modo in persone che hanno livelli d'istruzione differenti, così come la banalità o l'originalità di un'idea saranno considerate in maniera decisamente differente dall'esperto e dal neofita.
Questo non vuol dire che opere differenti siano necessariamente equivalenti perché la valutazione è necessariamente una azione soggettiva, così come non vuol dire che ci siano opere di un certo livello e altre destinate ad essere apprezzate dalla plebaglia incolta.
Al contrario invece tutto questo dovrebbe ricordarci che il modo in cui percepiamo e leggiamo il mondo dipende, anche, dalle nostre esperienze pregresse. Di conseguenza quando si valuta un'opera bisogna considerare non il suo valore in una scala di assoluti in cui la Divina Commedia sta in alto e Checco Zalone in fondo, ma al contrario tenere conto del diverso pubblico a cui l'opera era destinata in origine e della sua capacità di veicolare i propri contenuti fino a raggiungere il soggetto che ne usufruisce.
Vi sono libri notevoli per stile e raffinatezza, ma decisamente vuoti in quanto a contenuti. Basta uno stile raffinato a distinguerli da uno scadente e raffazonato raccontino di un dilettante? Al contrario esistono romanzi scritti con uno stile semplice e di ben poche pretese, ma in grado di veicolare concetti profondi e raggiungere persone che ben difficilmente sarebbero in grado di leggere il lbro di quel filosofo che parla di cose tanto interessanti ma che scrive in un modo indigeribile per chi ha solo la terza media.
Vi sembra banale? Non lo è, perché per chi vuole condividere un'idea o una riflessione la capacità di farsi comprendere e leggere da un pubblico quanto più vasto possibile è fondamentale.
Tanto per fare una scivolata nel campo della mia amata fantascienza, Isaac Asimov è uno scrittore amatissimo ma spesso controverso, accusato di uno stile asciutto e povero. Eppure il buon Asimov ha raggiunto un pubblico immenso proprio grazie a uno stile che scorre così bene da dar l'impressione di scorrere le pagine senza riuscire a fermarsi.
Una parte del grande successo del comunismo nei primi anni del Novecento è certamente dovuta all'impegno per la scolarizzazione delle masse, alla capacità di istruire e incuriosire coloro che dalla cultura erano sempre rimasti esclusi.
Oggi al contrario la cultura si è allontanata nuovamente dalle masse, è tornata elitaria, lasciando che la cultura di massa diventasse campo di conquista della pubblicità e del consumismo. Certo la battaglia è difficile, certo bisogna fare i conti con l'ignorante che non ha alcuna intenzione di smettere. Certo.
Però è inutile pontificare dall'alto criticando l'esistenza dell'ignoranza far nulla per combatterla. Se ogni volta in cui l'arte si avvicina al popolo, offrendosi in una forma "consumabile dagli incolti", arriva l'eminenza grigia di turno a stroncare l'operazione allora bisognerebbe ammettere che c'è una certa cultura che desidera solo restare aggrappata alle proprie torri d'avorio per poter guardare dall'alto chi non ha accesso ai suoi segreti.

Bisogna trovare la cultura sostanziosa. Se la troviamo, la prenderanno tutti gli affamati. (Lev Tolstoj)

Cultura: l'urlo degli uomini in faccia al loro destino. (Albert Camus)

È grave che si consideri la cultura "tempo libero". Come se le cose serie fossero produrre e consumare. (Fabrizio Gifuni)

L'industria culturale non è tale da impedire la nascita di un'opera d'arte di qualità e magari d'eccezione. Ma è evidente che ne condiziona la forma. L'industria culturale è il terreno su cui opera la nostra cultura. Non potrebbe essere diversamente. Se Balzac scriveva capolavori nella forma del romanzo, ciò è perché l'industria culturale dell'epoca chiedeva questo genere. (Edoardo Sanguineti)

Per cultura si deve intendere [...] la capacità globale di rispondere in modo adeguato ai problemi di sopravvivenza che una società deve affrontare. A ogni livello: energetico, agricolo, industriale, educativo, mentale, comportamentale. Vale a dire, la capacità di capire il proprio tempo, di individuare le grandi leve che producono i veri cambiamenti, e di utilizzarle per adattarsi, anche mentalmente, al proprio ambiente (o per adattare l'ambiente a sé). (Piero Angela)