domenica 21 dicembre 2014

Qualcosa in più e un grazie a una vecchia amica

Nel mio precedente intervento ho parlato di amici perduti e amici lasciati nel limbo.
Ci sono però amici meno intimi forse ma di cui spesso rimpiango di più l'assenza. Persone con cui i rapporti sono stati meno frequenti, ma importanti per altri motivi.
E rileggendo le vecchie e-mail provo la sensazione di chi teme di non averci capito nulla. Leggo i messaggi di chi apprezzava ciò che scrivevo e si dispiaceva del mio desiderio di porre fine a quella esperienza. C'è chi mi dimostra affetto e chi appena letta l'ultma parola raccoglie tutto in un unico scritto e mi manda il PDF con tutte le mie puntate. E chi addirittura dice di stimarmi perché avevo voluto restare e provare a cambiare il luogo in cui ero cresciuto.
Se ripenso a quel me stesso lo rivedo ingenuo, ma sognatore. Oggi mi sento meno Peter Pan, sento di aver messo da parte le ingenuità di un'età in cui puoi permetterti di pensare al tuo prossimo come a un altro te stesso. Sono cresciuto, eppure temo di aver perso qualcosa per strada perché nel momento in cui guardando un altro uomo non puoi più riconoscere in lui una speranza, ma al contrario una minaccia, hai messo da parte la speranza.

Quando tu riesci a non aver più un ideale, perché osservando la vita sembra un enorme pupazzata, senza nesso, senza spiegazione mai; quando tu non hai più un sentimento, perché sei riuscito a non stimare, a non curare più gli uomini e le cose, e ti manca perciò l'abitudine, che non trovi, e l'occupazione, che sdegni – quando tu, in una parola, vivrai senza la vita, penserai senza un pensiero, sentirai senza cuore – allora tu non saprai che fare: sarai un viandante senza casa, un uccello senza nido. Io sono così. (Luigi Pirandello - da una lettera alla sorella Lina, 13 ottobre 1886)
Luigi Pirandello ha tanto da dirci. Ogni volta che rileggo queste righe mi chiedo come faccia a sapere, in quel giorno di centoventotto anni fa, come mi sarei sentito oggi io.

Forse è tardi per risponderti, forse no. E preferisco farlo in via privata.
Ho apprezzato ciò che hai fatto finora, leggendo le tue riflessioni [...]
Ti ho sempre ammirato perchè hai fatto scelte diverse dalle mie: io ho scelto di andar via e non lottare, tu hai creduto che anche Palma andasse cambiata e ci hai provato almeno con i più giovani(e non solo). Mi spiace che tutto questo non abbia avuto buon esito.
[...]Nel Vincenzo più strettamente "politico" ho visto una persona in continua evoluzione, una mente particolare che non si sofferma su una singola ideologia ma che, in modo ricettivo, coglie ciò che di buono e giusto può arricchirla e completarla. Un giorno su msn ti ho visto ascoltar De Andrè, non ricordo di preciso cosa ma mi colpì: la mia prima reazione è stata un sorriso...(beh, almeno non ascolti Laura Pausini come alcuni anni fa...eh eh eh)
Sai, credo che un vero problema,oltre l'incomunicabilità, sia la frenesia a cui siamo soggetti , l'egocentricità che ci porta talvolta a vedere solo nel nostro metro quadrato in cui viviamo ed a cui circoscriviamo i nostri problemi, i nostri impegni. E che ci porta anche a trascurare le amicizie, le quali invece necessitano di essere coltivate. Forse io e te che non ci sentiamo/vediamo da mesi ne siamo l'esempio...E' vero che un amico reale non si giudica dal tempo trascorso insieme, ma scorre per tutti e, con nuove esperienze, ci cambia, nelle abitudini del quotidiano, nei nuovi obiettivi da raggiungere, nel grado di confidenza che dopo tempo può essere difficile da restaurare. A volte mi auguro di sbagliare su ciò, ma mi rendo conto che è così.

Queste sono le parole che mi scrisse una cara amica dopo aver letto della mia ultima, disillusa, puntata. La sua lettera mi colpì tantissimo, mi fece sorridere. Voglio ringraziarla oggi, a distanza di anni, ma non renderò pubblico il suo nome rispettando la sua volontà di restare anonima.
Non nascondo oggi che anche allora mi chiesi se davvero meritassi quelle parole così piene di stima e affetto. E adesso a rileggerle continua a pungolarmi il tarlo di non essere veramente degno di tale considerazione. Eppure se qualcuno ha trovato del buono in me e in quello che scrivevo vuol dire che almeno qualcosa di ciò che facevo aveva del buono. E forse la chiave è semplicemente fare qualcosa di buono, così come viene, così come ne siamo capaci. Non sono necessarie le grandi cose. Alle volte basta fare poco per lasciare un seme nel cuore di qualcuno. Un medico si accorge presto che tutto ciò che fa il più delle volte è solo un rallentare l'inevitabile, ma quel poco può far la differenza nel dare dignità ad una persona che combatte altrimenti da sola la sua battaglia. Forse non è necessario essere eroi, forse basta fare ogni giorno quel qualcosa che ci permette la sera di andare a dormire senza rimorsi e risvegliarci la mattina senza la paura di guardarci allo specchio e non riconoscere in quel viso le nostre speranze giovanili. E la vita insegna che dall'infinitamente piccolo può nascere l'infinitamente grande. Anche perché la società perfetta non serve a nulla se l'umanità per cui è costruita non esiste.

Da quando ho maturato un minimo senso civico e politico ho sempre pensato che prima ancora dell'impegno per le aree verdi, prima dell'impegno per una politica pulita, prima dei comitati per questo e quell'altro, prima della associazioni per qualunque meritoria iniziativa fosse necessario un passaggio fondamentale: la creazione del senso di comunità. Non si può pensare di convincere qualcuno a impegnarsi per un qualcosa che vada oltre la sua immediata utilità se non lo si convince di essere parte di una società. Io personalmente non mi sento motivato a far nulla di sociale se non sono parte di quel sociale per il quale dovrei impegnarmi.
Un senso di responsabilità sociale che vada al di là della famiglia, o al massimo della tribù, richiede fantasia, devozione, lealtà, tutte le virtù più alte che un uomo deve sviluppare autonomamente. Se gliele imporrete, finirà per rigettarle.
Robert Heinlein
Tutto passa attraverso questo.

Nessun commento:

Posta un commento