giovedì 20 novembre 2014

L'insondabile destino di una formica sulla scacchiera


Questo è il mio primo, e fino ad ora unico, racconto. Vincitore  della I° Edizione del Contest Sci-Fi di Link2Universe “Spazio all'Immaginazione”, dedicata ai racconti di lunghezza massima 18.000 battute. Lo scrissi per gioco, quando con alcuni amici di un forum (La Vita è Altrove) decidemmo di scrivere un raccontino ciascuno e raccoglierli tutti insieme in un ebook autopubblicato. Purtroppo il progetto finì nel nulla e il racconto mi rimase in un cassetto. In estate però il bellissimo blog Link2Universe ha deciso di bandire un contest per racconti di fantascienza e così ho deciso di buttarmi. Il mio racconto si è ben difeso, arrivando addirittura a vincere il contest. Spero vi piaccia, buona lettura.



L'insondabile destino di una formica sulla scacchiera
Vincenzo Cammalleri
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Il Signore Dio disse allora: «Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre!». Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. Scacciò l'uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all'albero della vita. (Genesi 3, 22-24)
Sono il Comandante Giuseppe Aretino, in missione sulla navetta Explorer, per conto dell'Esa. Mi trovo nello spazio fra la Terra e Marte, molto più vicino a quest'ultimo. Per quanto è a mia conoscenza potrei essere l'ultimo rappresentante della razza umana ancora in vita, forse ancora per poco.

Trasmetto questo messaggio nella speranza che vi siano altri sopravvissuti, e che possano mettersi in contatto con me per alleviare quel mostruoso senso di oppressione che sento al petto.
Non oso pensare al suicidio, non posso permettermelo. Se davvero sono l'ultimo essere umano ancora cosciente, sento il dovere di prolungare il più possibile la mia vita, dovrei forse chiamarla agonia, nella seppur remota speranza che vi sia ancora una possibilità.
Se qualcuno riceve questo messaggio, ed è in grado di rispondere, vi prego di farlo immediatamente.
Riporto la situazione così come ho potuto ricostruire dai messaggi ricevuti e dal silenzio di ogni strumento che ormai prosegue ininterrotto da 64 ore:
Circa 65 ore fa, alle 15.27 del 17 Agosto 2197 ora di Greenwich, ha avuto luogo un massiccio attacco contro il pianeta Terra e la razza umana. Dai messaggi captati nei momenti iniziali dell'attacco non è stato possibile identificare la natura del mezzo usato. Non sono quindi a conoscenza dell'arma che ha messo in ginocchio l'umanità. L'ultimo rapporto da me ricevuto riferisce enormi esplosioni sparse sul globo, senza un disegno logico apparente.
Base Luna affermava di vedere sulla superficie dell'Oceano Pacifico un notevole numero di sfere di luce grandi come la Francia. Ma il rapporto successivo, esteso a tutto il sistema riferiva l'impossibilità di visualizzare altro, a causa della massa di vapore che ha avvolto il pianeta, dovuta presumibilmente al vapore acqueo sviluppatosi da quelle che possiamo ragionevolmente dedurre essere state delle esplosioni devastanti di origine sconosciuta. Dopo circa un'ora dall'inizio dell'attacco Base Luna ha smesso di inviare rapporti, da quel momento, sono isolato da qualunque contatto con altri esseri umani.
Mi sento di escludere si sia trattato di un attacco nucleare sferrato da una delle potenze terrestri. Tale velocità e coordinazione, tale devastazione, sono evidentemente il frutto di una programmazione precisa e di una volontà atroce: la completa sterilizzazione del pianeta Terra. I miei strumenti non mi consentono di avere immagini della Terra o della Luna, per cui non posso verificare, ma il silenzio angosciante nel quale sono prigioniero da più di due giorni rafforza l'orribile immagine di un pianeta distrutto e trasformato in poche ore nel vero gemello di Venere.
Nel vuoto delle oceaniche distanze che separano i pianeti del sistema solare, il piccolo veicolo dai riflessi argentei prosegue la sua rotta da due mesi. Nessun contatto, nessuna risposta.
L'astronauta, che dopo l'attacco aveva tentato di comunicare con quanto restava della sua specie, è solo il pallido ricordo di ciò che un tempo era l'orgoglio dell'umanità. La ormai sporca cabina in cui è confinato accoglie quanto resta dell'orgoglio di una razza che, fin da quando esiste una traccia scritta, riporta memoria di gloriose ascese seguite da devastanti cadute.
L'uomo, solo fra le pareti di un guscio che lo isola dall'immensità del nulla, alterna brevi attimi di lucidità ad ore, giorni, in cui il sonno si sussegue alla veglia, senza che apparentemente la sua coscienza possa rilevare la differenza.
Nelle sterminate ore di solitudine in cui si trova costretto nel suo viaggio, nell'oblio e nella sofferenza del ricordo degli affetti spezzati, la domanda che tormenta l'ultimo uomo è travolgente nella sua banalità e sconfortante per l'impossibilità di trovare una risposta: Chi? Quale essere, quale Entità, o quale specie aliena, può aver cancellato in un'ora, una breve, insignificante ora, milioni di anni di evoluzione e di vita sul pianeta terra. Quale dio può essere l'artefice della completa cancellazione di una razza giovane e piena di speranza, proprio nel momento in cui sembravano finalmente superati i problemi che da decenni pesavano come una spada di Damocle sull'esistenza dell'umanità? Era solo un caso se, proprio all'alba di una nuova era di esplorazione spaziale, di progresso scientifico, di rinascita morale, la specie umana veniva cancellata dalla corsa alle stelle?
Il residuo di coscienza che ancora accende le sue sinapsi non riesce a convincersene. No, la sterilizzazione è stata voluta! Nel momento in cui l'umanità si accingeva ad alzare lo sguardo oltre i limiti della propria orbita planetaria, coscienze più vecchie, più antiche, più potenti, devono essersi arrogate il diritto di spezzare l'umanità e radere al suolo ogni speranza.
Come si fa con una colonia di formiche, che dal giardino cominciano ad esplorare i bordi della casa e tentano di entrare dove non è loro consentito. La disinfestazione è avvenuta senza nessun avvertimento, non si comunica con chi non è in grado di riconoscere come cosciente, l'agricoltore non avvisa i parassiti che li ucciderà se si poseranno sulle sue piante, lo fa e basta. Terrificante, orribile, allucinante, delirante... Eppure la razza umana è stata sterminata come un semplice parassita. La mente non può reggere il tentativo di immaginare una potenza tale da poter bruciare un pianeta intero come fosse un cumulo di sterpaglie, vacilla nel tentativo, e infine si arrende sola e sperduta, come una piccola e sola navetta che viaggia da mesi verso una destinazione ormai priva di significato.
Qui il Comandante Aretino, riprendo le comunicazioni. Cinque minuti fa gli strumenti hanno captato un oggetto in avvicinamento. Non so cosa sia, ma sembra diretto in collisione con l'Explorer. Temo si tratti di una massa vagante destinata ad investire in pieno il mio veicolo.
Dagli schermi posso vedere che l'oggetto non è naturale. Ripeto: l'oggetto non è naturale, è di evidente natura artificiale. Se mi ricevete, identificatevi. Sono il Comandante Giuseppe Aretino, sulla navetta Explorer dell'Esa...
La mostruosa verità si fa strada nella mente dell'uomo. Per un attimo la speranza di poter essere salvato, di aver trovato altri uomini con cui essere a casa, al sicuro, aveva risvegliato in lui la speranza di un futuro. Ma il silenzio, l'assenza di ogni messaggio, e le forme aliene del veicolo in avvicinamento si portano alla sua coscienza travolgendo i suoi istinti e bruciando ogni traccia di autocontrollo.
AIUTATEMI! VI PREGO, CHIUNQUE SIA IN ASCOLTO, SONO QUI. SONO LORO, LO SENTO, LO VEDO, SONO LORO! MI VENGONO A PRENDERE, VI PREGO, VI SUPPLICO, SALVATEMI. NON POSSO, NON VOGLIO CHE MI PRENDANO! VI PREGO!
Le grida attraversano gli spazi enormi caricando l'etere della tragica tensione, del terrore dell'ignoto.
Ai confini del sistema, una nave di dimensioni enormi, se paragonata all'Explorer, ma insignificante per le distanze interstellari, riceve il terrificante messaggio. Nessuna risposta.
SONO QUI! SONO ARRIVATI! LI SENTO! MI HANNO AGGANCIATO, LI SENTO! STANNO ENTRANDO! VI PREGO! AIUTATEMI! SONO SOLO! AIUTATEMI!!PER FAVOREEE! ECCOLII! AIUTOOOOO!
Miliardi di chilometri più in là, dove gli uomini ponevano il simbolico confine del proprio sistema, la solitaria, imponente, astronave Aenea prosegue il suo silenzioso viaggio verso le stelle.
Il Comandate, con una mano sul viso, placa gli ultimi brividi scatenati dal messaggio dell'Explorer. Sconvolto dall'orribile destino di un uomo la cui unica colpa è stata quella di sopravvivere, gravato dal peso di averlo abbandonato al suo destino, eppur consapevole che nulla avrebbe potuto fare per lui.
Nonostante l'immensa distanza che li separa, il vero problema è, e lo è stato fin da subito, il rischio che le comunicazioni potessero essere intercettate. L'Aenea deve viaggiare nel più totale silenzio. Nessuna emissione non strettamente necessaria deve mostrare traccia della sua esistenza. Non si può sapere se gli esseri che hanno sterminato l'umanità siano in grado di rilevare la sua esistenza, ma certamente non si può facilitare loro il compito mostrandosi usando le onde radio.
Nei due mesi passati dal primo messaggio dell'Explorer, il pensiero di quell'uomo abbandonato a se stesso ha sfidato la determinazione dei pochi scelti per essere l'ultima, e unica, speranza del genere umano. Quando si era fatta strada in alcuni scienziati l'idea che esseri al di là di ogni immaginazione scrutassero la Terra e sorvegliassero il cammino del suo popolo, si era tentata la strada più disperata: un grande, e oscuro, progetto per lanciare la prima astronave interstellare capace di spargere il seme dell'umanità fra le stelle.
Sembrava ingenuo, assurdo forse, che chi avrebbe voluto impedire all'uomo di espandersi oltre il proprio sistema, avrebbe potuto permettere l'esistenza di quella che, in fondo, era proprio la causa dello sterminio, l'acquisita capacità umana di raggiungere altri mondi. Ma non si poteva trascurare quella tenue speranza, e non si poteva prevedere il comportamento di esseri che andavano oltre ogni comprensione umana. C'era stato persino chi aveva ipotizzato che in fondo fossero stati proprio loro ad insinuare nelle menti degli scienziati la consapevolezza del terribile rischio che l'umanità correva, la terrificante minaccia dell'annientamento, allo scopo di permettere una piccola, quasi insignificante, via di fuga alla razza umana.... E in fondo... Chi poteva sapere... Chi poteva capire...
Il comandante prende un profondo respiro, si alza dalla sedia su cui è abbandonato e si avvia verso le sale comuni. Ha bisogno di allontanare la tristezza dalla sua coscienza. In fondo è sua responsabilità assicurare che la nave prosegua il suo viaggio, e dia speranza a una umanità distrutta, ma forse ancora in grado di risorgere, alla fine di un lungo viaggio altrove... Lontano dalla propria culla, troppo presto rivelatasi una prigione mortale. Un viaggio forse eroico, epico. Il comandante quasi riesce a sentire la voce di Omero narrare la tragica storia umana, e la tenue speranza di un futuro lontano dai capricci e dalle guerre degli Dei.
Eppure, sempre più spesso, tornando con la mente all'assurdità di una fuga che non ha forse nessuna spiegazione realisticamente comprensibile, non può fare a meno di sentirsi solo un burattino, come un pezzo degli scacchi, all'interno di una colossale, eterna, partita. Giocata da entità che non riesce a pensare se non come Dei, le cui imperscrutabili motivazioni appaiono terribili e crudeli capricci agli insignificanti occhi dell'umanità. E la rabbia, mescolata all'impotenza, porta via la sua mente, ed il suo pensiero segue lo sguardo perso oltre le pareti della nave, verso le stelle, verso l'ignoto... Verso l'altrove!
Or tutta la terra parlava la stessa lingua e usava le stesse parole. E avvenne che, mentre si spostavano verso sud, essi trovarono una pianura nel paese di Scinar, e vi si stabilirono. E si dissero l'un l'altro: «Orsù, facciamo dei mattoni e cuociamoli col fuoco!». E usarono mattoni invece di pietre e bitume invece di malta. E dissero: «Orsù, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo, e facciamoci un nome, per non essere dispersi sulla faccia di tutta la terra». Ma l'Eterno discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. E l'Eterno disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti la medesima lingua; e questo è quanto essi hanno cominciato a fare; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Orsù, scendiamo laggiù e confondiamo la loro lingua, affinché l'uno non comprenda più il parlare dell'altro».Così l'Eterno li disperse di là sulla faccia di tutta la terra, ed essi cessarono di costruire la città. Perciò a questa fu dato il nome di Babele, perché l'Eterno colà confuse la lingua di tutta la terra, e di là l'Eterno li disperse sulla faccia di tutta la terra. (Genesi 11,1-9)

domenica 16 novembre 2014

Abbiamo creduto d'intenderci...

 Ma il guajo è che voi, caro mio, non saprete mai come si traduca in me
quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io
e voi, la stessa lingua, le stesse parole.
Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote?
Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, ne dirmele; e io,
nell’accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo
creduto d’intenderci; non ci siamo intesi affatto. 
Luigi Pirandello

Capita che in un tardo pomeriggio domenicale decidi di riguardare qualche episodio di un vecchio telefilm tardo-adolescenziale. Inutile negare che quella roba è una droga, passi il tempo a chiederti perché stai a guardare dei mocciosi che fanno gli esistenzialisti giocando con la propria vita, quando potresti spegnere tutto e andare a vivere la tua, di vita. In ogni caso resti con gli occhi fissi sullo schermo, distogliere l'attenzione è impossibile, aspetta che è un bel casino, questa si è innamorata del ragazzo della sua migliora amica... e ora come si risolve?
Ecco! Sono cose alle quali da ragazzino non pensi, quando di fronte a certi telefilm ci passavi davvero tutti i pomeriggi, ma dietro a quella storia ci sono degli attori che recitano un copione, un copione scritto da sceneggiatori interessati a continui problemi e incompresioni allo scopo di tenerti incollato alla trasmissione, arrabbiato con tizio, a solidarizzare con caio, a chiederti perché nessuno vuole capire che sarebbe così facile mettersi daccordo. Eh sì, facile sarebbe facile... ma poi chi se lo guarà più il telefilm se tutto si appiana? Se tutti sono felici e contenti la baracca chiude, quindi tocca litigare e rifiutarsi di capire.
E appunto a questo pensavo stasera: alle stupide incompresioni, ai momenti in cui basterebbe provare a spiegarsi, basterebbe restare un attimo ad ascoltare le ragioni dell'altro e provare a concedere il beneficio del dubbio. 

Questa cosa orribile, che fa veramente impazzire: che se siete
accanto a un altro, e gli guardate gli occhi [...] potete figurarvi
come un mendico davanti ad una porta in cui non potrà mai entrare: chi
vi entra, non sarete mai voi, col vostro mondo dentro, come lo vedete e
lo toccate; ma uno ignoto a voi, come quell’altro nel suo mondo
impenetrabile vi vede e vi tocca. 
Luigi Pirandello

Tutte quelle volte in cui ci siamo arrabbiati con qualcuno e abbiamo rifiutato di ascoltare le sue ragioni, tutte le volte in cui siamo rimasti delusi da qualcuno e ce ne siamo andati, lasciandoci tutto alle spalle, senza chiedere perché, ogni volta abbiamo privato una persona dell'occasione di spiegare, di scusarsi, e ci siamo privati noi stessi dell'occasione di capire e, magari, di perdonare.
Non voglio certo dire che ci si possa sempre chiarire, alle volte pur essendo in buona fede siamo semplicemente troppo diversi per riuscire a trovare una reciproca comprensione. E ci sono purtroppo volte in cui dare fiducia a qualcuno e concedere una seconda possibilità si rivela un errore che si rimpiange per motlo tempo. Insomma è sempre difficile fare la scelta giusta, del resto è della nostra vita che parliamo... e non è un telefilm.

Confidarsi con qualcuno, questo sì, è veramente da pazzo!
Luigi Pirandello

Pirandello mi è particolarmente caro, leggerlo è come scoprire che qualcuno ti conosce meglio di quanto tu conosca te stesso.
Mi sorprende il fatto che le tre citazioni che ho scelto sono le stesse che ho usato in un post che per quanto mi riguarda traccia un solco nella mia vita. Si tratta di un intervento del 6 giugno 2009, l'ultima delle mie, per qualcuno famose, "puntate". Sono passati cinque anni, ma è come se fosse cambiato tutto rispetto al periodo che precedette quella "puntata", mentre così poco sono cambiato dalla persona che ha scritto quello sfogo. In un certo senso il tema è simile. Per chi fosse interessato, potete trovare a questo link  il pezzo a cui mi riferisco.
Grazie di essere passati.


giovedì 13 novembre 2014

L'Europa,la stele di Rosetta e le meraviglie che non ti aspetti



Magari vi è sfuggito, ma ieri (12 Novembre 2014) abbiamo vissuto un giorno che segna la storia (o almeno lo speriamo, siamo ottimisti da queste parti). 
Ieri, infatti, l'ESA (European Space Agency) ha conseguito con successo una missione che traccia un solco. Non essendo un esperto non mi dilungherò sui particolari, per i quali vi rimando a persone ben più preparate di me sull'argomento come link2universe e scientificast, mi prendo però un piccolo spazio per spiegare, a chi non conosce l'argomento neppure superficialmente, che cosa vuol dire questa fantastica impresa per tutti noi.

Per la prima volta si è riusciti ad agganciare una cometa, fissando alla sua superficie un lander che raccoglierà e analizzerà dei campioni della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko.
Avete capito bene... ho detto esattamente per la prima volta! Non ci hanno mai provato neppure gli Americani, che pure sono stati anche sulla luna (e secondo alcuni l'hanno abbandonata perché non vi hanno trovato il petrolio). Si tratta di una missione lunghissima, durata un decennio, ma in pratica ponderata da più di vent'anni. 
Per aiutarvi a capire l'enorme difficoltà nel realizzare quello che gli scienziati europei hanno realizzato vi faccio questo esempio: 
Immaginate di essere una mosca che vola tranquilla sull'erba di un campo di calcio. A un certo punto Roberto Carlos (per i più giovani diciamo Cristiano Ronaldo) calcia una punizione e a voi viene il pallino di riuscire a posare le vostre zampette sul quel pallone. Il problema è che quel pallone non solo si muove lungo una sua traiettoria parabolica, ma per giunta ruota pure sul suo asse (le punizioni Roberto Carlos le calciava con un effetto incredibile). Insomma non è un'impresa da nulla per la nostra povera mosca, che poi sareste voi nel mio esempio. A tutto questo aggiungete il fatto che tra il vostro cervello (ok, la mosca ce l'ha piccolino, ma ce lo faremo bastare) e il pallone sul quale dovete effettuare l'operazione ci siano la bellezza di cinquecento milioni di chilometri. Avete mai corso per dieci chilometri? Ecco...moltiplicate per cinquantamila! Una distanza tre volte superiore a quella che separa la Terra dal Sole.
Si tratta di una distanza così immensa che persino la luce impiega quasi mezz'ora a percorrerla! (E io mi sento figo quando in mezz'ora faccio cinque miseri chilometri). Avete capito adesso? Realizzare quest'impresa non era difficile... era fottutamente difficile. Ecco allora giustificata l'euforica espressione di Andrea Accomazzo, il direttore delle operazione di volo, che potete ammirare nel video al minuto 0.40


Qualcuno adesso si starà chiedendo: -ma a me che me ne frega di quello che c'è su una stupida cometa? 
Stupido sarai tu, risponde la cometa! Ma andiamo con ordine e cerchiamo di spiegare:
In un certo senso della composizione di una cometa può effertivamente non importarvi, a parte la semplice e pura curiosità intellettuale, ma oltre al fascino della scoperta e dell'esplorazione (volete davvero dirmi che non vi bastanto?), si tratta di una conquista importantissima innanzitutto a livello di immagine.

L'Europa è riuscita ad arrivare per prima in qualcosa a cui gli americani avevano rinunciato, vi sembra poco? Stiamo sempre a dire che gli americani sono più bravi e capaci, che i cinesi conquisteranno il mondo, che i giapponesi sono i più bravi in quanto a tecnologia... E invece ecco a voi quello che può fare l'Europa quando lavora unita.
 
Sì vabbè, ma tutto questo carrozzone quanto c'è costato? C'è crisi e non possiamo mica buttare i soldi a caccia di comete! E allora per tutti quelli che già si lamentano di come vengono spesi i loro soldi ecco a voi le cifre:La missione Rosetta è costata 1.4 miliardi di euro. Sono 3.50 euro per ogni cittadino (sparsi come 0.20 euro ogni anno tra il 1996 e 2015). Il costo di un biglietto al cinema è tranquillamente il doppio di questo. 
Vi sembra ancora troppo? Siete fra quelli che continuano a pensare che in ogni caso son soldi buttati quando c'è gente che muore di fame e ci sono migliaia di malattie per cui la gente muore? Allora sappiate che se milioni di persone oggi possono scoprire di che morte dovranno morire (o guarire) attraverso una semplice TAC o una Risonanza Magnetica è precisamente grazie alle ricerche e alle esplorazioni spaziali
Fatevene una ragione, razza di decerebrati molluschi affetti da miopia, senza la ricerca in campo spaziale vostro padre sarebbe morto vent'anni prima a causa di quel tumore altrimenti invisibile, convincetevi che se il medico vi ha invitati a fare una bella risonanza al ginocchio e grazie a quelli che hanno sprecato le vostre tasse per arrivare sempre un po' più lontano.
E non dimentichiamoci dei forni a microonde o dei navigatori satellitari, come anche dei telefonini, delle fotocamere digitali, delle tute ignifughe dei pompieri e del vostro computer. Senza l'esplorazione spaziale tutto questo non ci sarebbe. Niente! Nisba! Niet! 
Inutile proseguire, il concetto immagino sia chiaro. L'importanza della ricerca è assoluta, non solo in ambito spaziale. Non esistono diversi ambiti del sapere, esiste quello che noi classifichiamo per poterlo studiare più comodamente. Non si può mai sapere quali conseguenze deriveranno da una scoperta e, del resto, quando Verne scriveva il suo "Viaggio dalla Terra alla Luna" non pensava certamente che grazie allo sforzo di realizzare un simile sogno un giorno i suoi nipoti avrebbero potuto videochiamare in diretta dalla Francia all'Australia grazie a Skype per raccontare di come quella Tac ha permesso al chirurgo di salvare la vita della piccola di casa.
Adesso, quando vedrete qualcuno che cerca di superare un limite, quando qualcuno vi dirà "voglio andare dove nessuno è mai stato e fare quello che nessuno è mai riuscito a fare", non chiedetevi che cosa ne può guadagnare, ma spostate lo sguardo verso l'orizzonte e preparatevi a sognare.

venerdì 7 novembre 2014

Metti una sera, una luna e un aereo. E la spazzatura da buttare...

Metti che stasera mi tocca andare a buttare la spazzatura. Metti che la strada è buia perché da qualche giorno qualcuno si diverte a usare lo spegnino per strada. Metti che allora uno alza lo sguardo. Opperòmachebellezza! C'è la luna! E che luna! E metti che ti fai tutta la strada a guardare come uno scemo quel pezzo di terra che sta lassù in cielo, magari provando anche un pochino di invidia per chi c'ha pure fatto due passi mentre a te tocca buttare la monnezza in via Cogoleto. 
Diciamocelo, sarà pure un pezzo di terra arida e dal clima insalubre, ma non è che poi quaggiù si stia poi benissimo, insomma un viaggetto ce lo si farebbe volentieri. E comunque non volendo annoiarvi con certi pensieri ritorno all'affascinante racconto delle mie gambe che affrontano le impervie difficoltà di via Cogoleto e delle mie mani che eroicamente sopportano il peso dell'immenso fardello. 
Essìpperò che dopo aver compiuto il glorioso gesto, mentre sto andando al trotto, o forse al galoppo, verso casa mi capita di vedere delle luci nel cielo che solcano l'aria come lo sgombro con cui ho cenato stasera, poraccio lui, solcava l'acqua fino a qualche giorno fa (un minuto di silenzio per lo sgombro, non si dica che non ho un cuore, oltre che uno stomaco).
Insomma non vi nascondo che l'associazione luna-aereo in volo mi ha affascinato. Sarà banale, abusata, ma è  qualcosa che colpisce se ci si pensa. In una sola immagine troviamo una delle più grandi realizzazioni dell'ingengo e delle abilità umane insieme a quello che è al momento il punto più lontano raggiunto fisicamente dalla specie umana nella sua totalità. E io intanto vado a buttare la spazzatura... Che il destino (ma chi te l'ha chiesto) abbia voluto dirmi qualcosa?
Vabbè, facciamo finta di niente, se vuole dirmi altro mi scriva su wapp, oppure lasci un commento.
Quello che mi è venuto in mente è che sarà banale, sarà abusato, ma la nostra specie è in grado di fare grandi cose. Ma grandi sul serio. Ecco, forse è il momento di ricordarci che la grandezza di una civiltà non si misura, solamente, dalla quantità di spazzatura che produce. Là fuori, ma pure qui dentro, c'è un mondo, anzi un universo (e forse anche più).

 
Il sogno dell'ingegnere tedesco (Von Braun, sognava una missione su Marte) doveva realizzarsi nel 1980. Invece è rimasto incompiuto, si dice per ragioni economiche. Eppure la missione militare americana in Iraq è costata trentacinque volte quello che sarebbe costata una missione verso Marte con la costruzione di una cupola sul pianeta rosso. Non sono i soldi che mancano. È il profilo culturale che si è abbassato, è la capacità di sognare che è diventata asfittica. Ma la storia è così, segnata da corsi e ricorsi: se ci crediamo, il grande viaggio può ricominciare.

Paolo Aresi, robot 66 pag. 139




 Sì, forse è soltanto una beffa colossale, senza scopo. Ma ti posso dire questo, qualunque sia la risposta finale: ecco davanti a te una scimmia che ha cominciato ad arrampicarsi, e continuerà a farlo, a guardarsi intorno per vedere tutto il possibile, finché l'albero la sosterrà. 
Robert Anson Heinlein, I Figli di Matusalemme

Grazie Bob, c'è chi vive pur essendo morto...




domenica 2 novembre 2014

Il Mondo di Sofia


L'unica cosa di cui abbiamo bisogno per diventare bravi filosofi è la capacità di stupirsi.

Immaginate di ricevere nella posta delle lettere misteriose in cui un altrettanto misterioso signore decide di illustrarvi la storia della filosofia occidentale. Strano? In effetti... Divertente? Forse. Curioso? Decisamente.
È quello che succede a Sofia nel romanzo "Il Mondo di Sofia", appunto, di Jostein Gaarder. La quattordicenne Sofia, alle porte del quindicesimo compleanno, trova delle lettere misteriose e inizia un viaggio attraverso i secoli e la storia del pensiero occidentale,cominciando dai greci fino ad arrivare ai giorni nostri.
Vi dico subito che la piccola Sofia appare in effetti molto più piccola dei suoi quindici anni, ricorda più una dodicenne, ma è giusto ricordare che il romanzo è stato scritto nel 1991 e di acqua sotto i ponti ne è passata da allora.
Fatta questa premessa il romanzo, che unisce la narrazione con la filosofia, è godibilissimo, interessante e curioso allo stesso tempo. Lo scrittore norvegese si serve dell'intreccio per trasformare quella che sembra una semplice scuola di filosofia per corrispondenza in qualcosa di più complesso e affascinante. Sofia e Alberto, il maestro, si ritrovano infatti loro malgrado a scoprire di essere in realtà il parto della mente del padre di Hilde, la quale a sua volta ha la stessa età di Sofia.
Vi siete persi? In poche parole il padre di Hilde è un in missione per conto dell'Onu in Libano e decide di regalare alla figlia Hilde un libro di filosofia per ragazzi. Siccome però non trova nulla di adatto in libreria decide di scrivere lui un bel romanzo che attraversi il pensiero filosofico occidentale e regalarlo alla piccola Hilde per il suo compleanno. Sofia e Alberto sono quindi l'espediente inventato dal padre di Hilde per raccontare la sua storia. Ovviamente Sofia e Alberto riusciranno a scoprire questa verità e la loro sorpresa si tramuterà presto in rabbia, oltre a diventare a sua volta un ulteriore espediente narrativo per affrontare i temi della libertà umana, dell'identità, della coscienza e dell'esistenza.
Ci troviamo di fronte a un libro nel libro, un primo approccio alla filosofia che potrebbe incuriosire chi non ha mai avuto l'opportunità di approcciarla a scuola. Per chi invece è più esperto potrebbe essere comunque un bel romanzo, che riporterà la memoria ai tempi in cui certe domande ce le si poneva in solitudine per paura di risultare strani agli altri ragazzini, oppure se ne parlava in compagnia in una serata in cui ci si era sbottonati un po' più del solito.

Per molte persone il mondo è incomprensibile nello stesso modo in cui è impossibile capire come il prestigiatore possa estrarre un coniglio da un cappello a cilindro che un attimo prima era assolutamente vuoto.

Si tratta di un romanzo per i curiosi, per quelli che "vorrei ma Kant dopo cena mi risulta indigesto". Una introduzione, leggera e divertente, nulla di più, ma potrebbe essere un azzeccatissimo regalo per le vacanze di natale di un bambino particolarmente curioso e intelligente.

Per Sofia la filosofia era terribilmente eccitante perché riusciva a seguire tutto con la propria testa, senza essere costretta a ricordare quello che aveva imparato a scuola. Giunse così alla conclusione che in realtà la filosofia non è qualcosa che si può imparare: si poteva invece imparare a pensare filosoficamente.


Se siete curiosi, o se semplicemente volete ritrovare i vecchi temi sempre cari con un pizzico di leggerenza, con questo libro ritornerete bambini. Ritroverete il curioso che c'è in voi, che troppe volte ci lasciamo indietro crescendo.
Buona lettura!

mercoledì 29 ottobre 2014

Alla ricerca della verità

Lo spunto per l'intervento di oggi mi è stato offerto da un video, pubblicato da una amica, tratto da un episodio de "Le Iene". In questo video, come purtroppo in tutti i lavori di questa trasmissione orripilante, ho ritrovato il solito esempio di pessimo giornalismo e informazione distorta, ignorante e faziosa.
Si parla di alimentazione e il video la mena per dieci minuti sull'importanza dell'alimentazione per combattere le malattie. E che c'è di male? Nulla, se non fosse che l'argomento è ovviamente presentato col solito stile da palcoscenico, distorcendo la realtà e confondendo di conseguenza lo spettatore ignaro di certi meccanismi.
Chiariamo subito che quello che dicono "Le Iene" è ciò che vi direbbe qualsiasi buon medico: è importante una dieta sana, la portata principale deve essere composta di vegetali, non bisogna infatti esagerare con la carne e con gli zuccheri. Il tutto ovviamente va considerato in base all'attività quotidiana, un conto è fare lavoro d'ufficio, un altro tagliare la legna con l'ascia per 8 ore al giorno. Ma il punto, dicevo, non è tanto il messaggio diretto, quanto semmai quello indiretto del video. Si lascia intendere, con interviste montate ad arte e tono da anticospirazionisti, che l'alimentazione sia non solo utile a prevenire le malattie, ma anche sufficente a curarle.
Cerchiamo di fare chiarezza: se io mi nutro in maniera sana, evito di consumare zuccheri e grassi in quantità industriali, difficilmente svilupperò il diabete. Però, una volta che mi ritrovo a dover combattere una malattia che si è già manifestata, non basterà la semplice alimentazione a guarirmi. Certamente avrò un peggioramento se persevero in una dieta squilibrata, ma questo non vuol dire che il semplice mangiar bene potrà guarirmi.
In generale i programmi come "Le Iene" si inseriscono in un contesto che vede lo svilupparsi di un fertile mercato che fa gioco sull'ignoranza dei non addetti ai lavori, e a volte anche degli addetti ai lavori purtroppo, sulla paura, sul fascino del complotto e sul bisogno di trovare spiegazioni semplici e, soprattutto, un capro espiatorio su cui scaricare il peso di ciò che temiamo e non conosciamo. Si vuole far passare l'idea dell'esistenza di una sorta di cospirazione per la quale un numero spropositato di uomini cattivi ha deciso volutamente di nascondere i segreti per non ammalarsi, o per guarire, allo scopo di vendere farmaci e ingrassare il conto in banca.
Intendiamoci, per quanto sia deprecabile è piuttosto ovvio che ci siano degli interessi, anche forti, nel campo della medicina e della farmaceutica, basti pensare al fatto che la ricerca si orienta sempre più verso le malattie croniche, quelle cioè che ci si porta dietro per anni, piuttosto che verso le malattie acute, quelle che quando ti ammali o ti uccidono in breve tempo oppure guarisci, e questo perché semplicemente rende di più un farmaco che sei costretto a prendere per il resto della tua vita piuttosto che quello che prenderai per una settiamana. Del tutto assurdo è però pensare che migliaia di persone, perché di questo si tratterebbe, hanno tutte interesse a nascondervi la realtà. Basterebbe un singolo studio (fatto bene, non come quelli di Vannoni), a rivelare il complotto. Davvero pensate che fra migliaia di persone che sono pronte a uccidere per arricchirsi non ce ne sia una disposta a tradire la cupola allo scopo di diventare famosa e guadagnare ancora di più?
Ma non voglio dilungarmi sulle case farmaceutiche, perché il punto è un altro. La questione riguarda quello che crediamo e il perché ci crediamo.

Esiste un culto dell'ignoranza basato sull'idea, sbagliata, che democrazia sifnifichi che la tua ignoranza vale quanto la mia conoscenza.
Isaac Asimov

Viviamo in una società in cui l'impiegato che discute di politica ed economia al bar è convinto, seriamente, di saperne di più del professore alla Bocconi. Viviamo in una società in cui la madre del bambino malato è convinta di saperne di più del medico. Intendiamoci, la malafede esiste e non è sempre facile, o nemmeno possibile, distinguere la realtà dall'inganno. Ma ci si può almeno provare. Di solito i ciarlatani vi promettono guarigioni istantanee, percorsi semplici e senza conseguenze collaterali, vi promettono tutto subito accusando magari gli altri, la medicina ufficiale, di malafede. Li distinguete così perché, forse non ve ne siete accorti, quel che è gratis, senza fatica cioè, vale quanto lo paghi... niente!

Tutto ciò che è gratis vale quello che lo paghi.
R. A. Heinlein
Quando vi recate da un medico, se è un bravo medico, non vi dirà "prendtiti questa e passa tutto", ma "questa ti aiuta, ma attento perché le tue abitudini ti stanno espondendo a una serie di rischi ben precisi". Prestate attenzione, magari ricorderete che il medico ve l'aveva detto di smettere di fumare e mangiare meno carne, evitare i dolci e aumentare le verdure. Ma, banalmente, voi avete ignorato i consigli perché è più semplice mandar giù la pillola piuttosto che smettere di fumare o rinunciare al dolce. E poi per la palestra proprio non abbiamo tempo!

La preghiera è così: 
“Proteggimi dal sapere quel che non ho bisogno di sapere. 
Proteggimi anche dal sapere che bisognerebbe sapere cose che non so. 
Proteggimi dal sapere che ho deciso di non sapere le cose che ho deciso di non sapere. Amen”. 
Ecco qua. In ogni caso, è la stessa preghiera che reciti in silenzio dentro di te, per cui tanto vale dirla apertamente. 
(D.N.Adams)

Ci affidiamo alla cospirazione per scaricarci del peso della nostra ignoranza. Essendo consapevoli di non sapere ciò che è necessario per discriminare, siamo spinti a sostenere l'idea che in realtà si tratta di una conoscenza falsa, che quindi non ci serve, e che ci sia in realtà qualcuno che ci nasconde la verità. Questo è un impulso naturale, che abbiamo tutti, e non è una colpa caderne vittima. Diventa una colpa quando ne diventiamo schiavi, quando razionalmente ci convinciamo che è veramente così, che non ci serve informarci, studiare, per avere una vera opinione.

La non conoscenza non da nessun diritto, né a credere né a non credere, né ad avere fiducia né a non averne, e nessuna libertà.
Umberto Veronesi.

Imparare a distinguere criticamente non è semplice, ma ci si può provare. Non sempre andrà bene, e ogni tanto finiremo nelle mani di farabutti in camice bianco. Ma siete veramente sicuri che un santone in giacca e cravatta che spaccia il siero miracoloso (Vannoni) sia proprio meglio?



Link Utili:

Marco Cattaneo vi spiega perché servono le regole






Cosa abbiamo rischiato a causa di Vannoni e Stamina

Medbunker e la dieta alcalina

Bressanini cita Medbunker

giovedì 23 ottobre 2014

Dimenticare...

Ed eccomi di nuovo a scrivere, di nuovo a riempire questo spazio con poche righe come a esorcizzare il vuoto degli spazi tra cose e persone.
Mi capita continuamente di aver qualcosa da dire, ma non è poi così semplice tradurre quel bisogno interiore in frasi e parole adatte alla forma scritta. Oggi il mio scrivere sarà finalizzato a introdurvi una questione, una domanda di quelle insidiose, di quelle a cui, spesso, è difficile capire veramente quale risposta si desidera dare.
Tante volte nella nostra vita abbiamo vissuto momenti brutti, tristi, tragici o magari semplicemente imbarazzanti. Credo sia umano a volte desiderare l'oblio della memoria, sperare con tutto il cuore che un giorno si potrà dimenticare il dolore, la sofferenza, l'immagine di quel qualcosa che a volte ritorna nei nostri incubi. E se per quanto riguarda le esperienze imbarazzanti in fondo è solo una questione minore, vi sono dolori che fanno ancora più male quando vengono rivissuti, quando ci attraversano nuovamente in ogni azione, in ogni immagine, profumo o luogo che ci riporta alla mente un evento doloroso. Penso alla morte di una persona cara, a un evento che ha segnato in negativo la nostra vita, a un fallimento che ci ha indirizzati verso una strada in salita, a una forte delusione.
Dimentica, si dice, dimenticherai e passerà. Ma è veramente così? Davvero dimenticare è la soluzione, o anche solo un aiuto? O forse il dimenticare diventa solo un modo per fare quello che è "esci senza salvare" nel mondo dei videogiochi? Il dimenticare non è un tentativo di rinunciare a una linea vissuta per tornare indietro a ciò che eravamo prima di fare quella scelta o di subire quell'evento che il fato ci ha posto sul cammino? In questo caso però dimenticare non significa rinunciare a noi stessi? Desiderare l'oblio della memoria non è in fondo un po' il desiderare di essere un'altra persona? In fondo siamo ciò che siamo perché le nostre esperienze ci hanno reso tali. Siamo la risultante di una complessa interazione tra genetica e ambiente, nature e nurture, natura e allevamento. E quindi rinunciare ai ricordi, alle ferite e alle cicatrici non è in fondo rinunciare a qualcosa di noi?

 RICORDARE: Dal latino re-cordis, ripassare dalle parti del cuore.
 Eduardo Galeano

Forse è per questo che è così difficile dimenticare, forse è per questo che a volte ci si aggrappa ai ricordi, per quanto siano dolorosi, senza volerli lasciare andare. Siamo individui dotati della capacità di fissare i ricordi, di costruirci una sorta di diario personale a cui attingere per tracciare la propria storia. Ogni volta che dimentichiamo perdiamo qualcosa, ci lasciamo indietro un pezzo di vita che ha fatto di noi ciò che siamo. E non c'è nulla di più doloroso del perdere il proprio io, niente di più terrificante dell'accorgersi che ciò che siamo sta lentamente scivolando via, come purtroppo sanno bene coloro i quali hanno dovuto gestire un parente, un genitore, al quale l'Alzheimer ha portato via memoria, la mente, l'identità.
Il dolore per ciò che si è dimenticato non è sempre avvertibile quando si è già dimenticato, perché banalmente non si conserva il ricordo di quel qualcosa che non esiste più, al contrario è il processo di rimozione, l'attimo in cui ci accorgiamo che stiamo perdendo qualcosa, che stiamo lentamente scordando una parte della nostra vita, è quello il momento in cui con orrore ci accorgiamo che stiamo piano piano morendo.

 Ricordare e dimenticare sono parte dello stesso processo mentale. Scrivere un dettaglio di un evento è non scriverne un altro (a meno di continuare a scrivere all'infinito). Ricordare una cosa è lasciare scivolarne un'altra nell'oblio (a meno di continuare a rievocare all'infinito). 
Jonathan Safran Foer

E se è fisiologico il sostituire lentamente l'io attuale con quello che verrà, in fondo è un semplice percorso di evoluzione e trasformazione idetificabile con la vita stessa, dimenticare significa comunque per l'individuo morire, pur rinascendo allo stesso tempo nel momento in cui al processo di rimozione si accompagna la fissazione di nuove esperienze.
Ma adesso veniamo al dunque, vi pongo la domanda:Avete mai desiderato dimenticare? E al contrario avete mai desiderato non dimenticare? C'è qualcosa che vorreste gettare via, o qualcosa, qualcuno, che vorreste avere ancora con voi?.
Vi lascio a una citazione tratta da un bellissimo racconto letto durante un viaggio in Austria, oggi come dieci anni fa continua a sembrarmi una sorta di monito.

Per quanto siano dolorosi i ricordi, dimenticare significa morire. E, nella misura di tutte le cose, nulla che sia davvero vivo vuole davvero morire.Richard Chwedyk, La Misura di Tutte le Cose.

  Se vorrete condividere i vostri pensieri sarete i benvenuti. Ci vediamo nei commenti.